1 Agosto 2017

Con questo breve articolo vorrei dedicare alcune parole alla descrizione di un metodo di trattamento per pazienti afasici che mi sta particolarmente a cuore, il metodo Affolter. È proprio con una tesi sperimentale su questo argomento, infatti, che ho conseguito la mia laurea in logopedia nel novembre 2014. Inoltre, ritengo che anche per altri logopedisti e riabilitatori possa essere utile avere qualche informazione su un metodo ancora poco noto, ma dai risvolti molto interessanti per chi opera nel settore, per poi eseguire eventuali approfondimenti.

Ad oggi, il metodo Affolter, il cui nome deriva da quello del suo ideatore, la logopedista e psicologa svizzera Félicie Affolter, rappresenta un approccio significativo in ambito internazionale al trattamento dei pazienti con gravi e gravissime cerebrolesioni, nonché di bambini con danno neurologico, che abbiano manifestato un’alterazione del comportamento secondaria a problemi dispercettivi. Tuttavia, nel nostro paese se ne parla solo da pochi anni, sebbene la sua ideazione e messa in atto risalga già al secolo scorso. Attualmente questa tecnica costituisce un vero e proprio modello riabilitativo e di sostegno adottato da scuole specializzate, istituti di riabilitazione infantile, centri di accoglienza per anziani, centri di riabilitazione neurologica e ospedali situati prevalentemente sul territorio Svizzero, ma anche in Germania e nei Paesi Scandinavi. Recentemente il metodo è stato rivisitato e ampliato da Hans Sonderegger, logopedista e neuropsicologo, nonché uno dei più esperti docenti Affolter in Europa. I corsi di formazione si rivolgono a logopedisti, fisioterapisti, terapisti occupazionali, psicomotricisti ed educatori: ciascuna di queste figure può utilizzare le tecniche del metodo con accorgimenti diversi per raggiungere obiettivi specifici della propria area di competenza professionale.

Il metodo Affolter enfatizza l’importanza dell’input sensoriale come elemento di contatto, dopo una grave lesione cerebrale, che va inevitabilmente ad alterare i rapporti tra l’individuo e il suo ambiente, puntando soprattutto sul potenziamento del canale tattile-cinestesico. La tecnica fondamentale di cui esso si avvale è la cosiddetta interazione guidata: la guida, durante lo svolgimento di compiti reali, delle mani e del corpo del paziente, che non è in grado di muoversi liberamente da solo né di percepire in maniera normale,  consente al terapista di assicurargli un corretto stimolo tattile-cinestesico, in grado di generare input significativi alla percezione dello schema corporeo. L’assunto di partenza consiste nell’idea secondo cui l’apprendimento scaturisce proprio dall’interazione tra la persona e il suo ambiente, a partire dalle più basilari esperienze percettive. In quest’ottica, durante il trattamento di individui che hanno subito una grave cerebrolesione, lo svolgimento di attività significative rappresenta il mezzo principale per promuovere quella riorganizzazione funzionale (a livello cerebrale) che si ritiene essere alla base del possibile recupero di abilità e conoscenze dopo un danno, in ottemperanza al fenomeno ormai noto della plasticità cerebrale.

Con il mio progetto di tesi io ho scelto di sperimentare l’applicazione del metodo Affolter su pazienti adulti cerebrolesi con patologia afasica non fluente, caratterizzata da un deficit espressivo molto grave sia dal punto di vista motorio-articolatorio che da quello semantico-lessicale e morfo-sintattico, con una difficoltà significativa anche nella comprensione di richieste complesse, una condizione generale di grave destrutturazione del normale funzionamento psico-cognitivo, deficit percettivi ed emiparesi dell’emisoma controlaterale alla lesione.

Questa scelta è stata motivata da precise giustificazioni teoriche, che sottolineano, ancora una volta, il ruolo cruciale dell’azione nello sviluppo e nell’apprendimento, dimostrando come  anche il linguaggio verbale sia tributario della corporeità e del movimento (embodied language). L’azione, infatti, sembra svolgere il ruolo sistematico di precursore delle prime forme linguistiche sia gestuali che vocali, confermando a livello ontogenetico il ruolo centrale del sistema motorio nella costruzione del sistema concettuale attraverso l’azione significativa (Gallese e Lakoff, 2005) .  Inoltre, continuare a stimolare l’uso dell’arto paretico durante lo svolgimento dei “compiti-evento”, favorisce l’attivazione del circuito mano-bocca, ossia dei network neuronali, in verità piuttosto estesi, in cui si trova una co-rappresentazione della capacità manuale dei gesti e dei movimenti della bocca, incluso il sistema dei neuroni specchio, dove la rappresentazione cerebrale della bocca e delle mani risulta connessa alla percezione e alla produzione di gesti significativi e dei movimenti articolatori della bocca. Da qui deriva l’ipotesi che la riabilitazione funzionale della mano (destra) possa influire positivamente anche sul recupero delle prassie orali.

Usare il metodo Affolter per riabilitare questo tipo di pazienti afasici ha significato partire dalle attività guidate per sostenere l’elaborazione dei significati, poi descrivere i temi dell’attività seguendo uno specifico protocollo di rielaborazione verbale. La descrizione della situazione particolare di cui si era appena fatta esperienza diventava poi il punto di partenza per allargare il discorso ad altri argomenti, come lo stato d’animo del paziente rispetto alle difficoltà eventualmente incontrate nell’esecuzione del compito. Esercizi specifici per strutturare il linguaggio sono stati dunque combinati a strategie tipiche della conversational therapy, secondo quanto proposto dal modello Affolter.

L’opinione conclusiva è stata che il metodo Affolter possa rappresentare un valido strumento riabilitativo nelle prime fasi della riabilitazione, quando cioè il deficit afasico (non fluente) è più grave e si associa ad un quadro generale di importante rallentamento cognitivo dell’individuo, come esito comune di una grave lesione, unitamente a deficit di tipo motorio e percettivo.

In questa fase, l’impiego dell’interazione guidata e delle altre tecniche proposte da Affolter e Sonderegger per noi si è rivelato proficuo nel favorire il processo di ricodifica semantica della realtà circostante, incentivando il recupero della consapevolezza di sé nell’ambiente, mediata dalle esperienze tattili e cinestesiche, e quindi dell’orientamento spazio-temporale. Per quanto riguarda l’aspetto più propriamente linguistico esso ci ha consentito di intervenire efficacemente sulla comprensione contestuale, sull’evocazione lessicale e sui deficit relativi alla costruzione della frase (agrammatismo).

Tuttavia, l’applicazione di questo metodo deve accompagnarsi ad un lavoro più specifico sulle altre funzioni cognitive correlate al linguaggio, quali l’attenzione, la memoria e le abilità di ragionamento logico, e può essere abbandonata nel caso in cui non sussistano più le condizioni che ne giustificavano l’utilizzo iniziale, ad esempio in favore di un lavoro sul linguaggio ad un livello di astrazione più alto, qualora le abilità linguistiche basilari per la comunicazione contestuale abbiano già subito un incremento significativo.